indice

venerdì 8 febbraio 2013

La filologia come arma di vita. Intervista a Michele Feo, autore di “Persone, da Nausicaa a Adriano Sofri”

Personaggi incontrati nel loro esistere in quel dialogo tra letteratura e vita che trasforma maschere in persone. Persone che, in un continuo entrare ed uscire dalle pagine dei testi, fanno parte dell'esistenza di Michele Feo, autore del nuovo libro in due volumi Persone. Da Nausicaa a Adriano Sofri edito da Il Grandevetro che sarà presentato venerdì 8 febbraio alle ore 17.30  presso il Museo della Grafica a Palazzo Lanfranchi da Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, Alessandro Tosi, direttore scientifico del Museo della Grafica, Remo Ceserani, già ordinario di Storia della critica letteraria all'Università di Bologna e accademico dei Lincei, Paolo Desideri, già ordinario di storia greca e romana all'Università di Firenze, Natascia Tonelli, docente di letteratura italiana all'Università di Siena. Coordina Silvia Panichi, assessore alla Cultura al Comune di Pisa.
Ne parliamo con l'autore Michele Feo, fino a due anni fa ordinario di Filologia medievale e umanistica nell'Università di Firenze.

Professor Feo, lei ama definirsi un "pisano extracomunitario" un po' dentro, ma, anche per le sue origini lucane, un po' fuori la città di Pisa. Il suo libro è anche un omaggio a una città che è molto presente nel testo almeno nella sua storia recente...
Sì, a partire dal movimento studentesco, dai movimenti di rivoluzione giovanile, quella che molti chiamano la "contestazione". Preferisco usare il termine rivoluzione anche se oggi è un po' arrugginito. Fortunatamente il concetto di persona è stato sostituito al concetto di masse, una parola che non sopporto più. E nel mio libro parlo della vita delle persone prima ancora che delle loro idee. Mi riferisco molto anche a coloro che hanno contribuito a fare la storia ma di cui la storia non si è occupata, quelli che Luciano Della Mea, uno dei personaggi centrali in quegli anni, definisce già nel titolo di un suo libro "i senza storia". Io ne parlo soprattutto sotto un particolare punto di vista, quello del mio mondo degli affetti familiari. Sono le persone con cui ho fatto un tratto di vita insieme. 

Ma tra le decine di incontri umani e intellettuali, quelle che lei definisce "ombre insepolte che chiedono di essere riascoltate, non necessariamente ritratti o biografie", non ci sono solo le persone care con cui ha fatto un tratto di vita insieme...

Una parte di questa piccola folla è costituita da personaggi letterari presi dai testi su cui ho fatto lezioni, spesso personaggi dell'antichità e del medioevo. Poi ci sono i personaggi molto significativi per la mia formazione intellettuale ma anche per la cultura italiana che occupano la maggior parte del libro.

Un esempio?
Il più importante per me è stato il filologo Guido Martellotti maestro di petrarchismo. Mi sono accorto di quanto fosse importante per me dopo la sua morte che è stata come la perdita di un padre. Già all'epoca raccontare la sua storia mi è sembrato vitale perché ho capito per la prima volta che ciò significa fare i conti e mettere ordine al rapporto che abbiamo avuto con una persona, rintracciandone tanto le differenze quanto le somiglianze. Si genera anche un rapporto affettivo forte, si potrebbe quasi definirla una sorta di "omosessualità intellettuale".

Un altro filologo a cui dedica ampio spazio nel libro è Sebastiano Timpanaro...
Sì, Timpanaro mi appariva come una figura cristallina. Non è stato facile conviverci sul piano intellettuale. Nel libro c'è un desiderio di pacificazione spesso irrealizzato.

E' come se raccontasse le storie di altre persone per intravedere una sua autobiografia?
Non era il mio obiettivo ma di fatto è ciò che è avvenuto.

Ma ciò si può dire che è legato alla sua professione di filologo...
Quando arrivai all'università il sistema fisso del sapere, il mio mondo ordinato, si scompaginò. Al liceo la lezione la riferivi, mentre all'università si dialogava con i testi. E' a quell'epoca che scoprii la filologia come arma del sapere capace di dare un metodo. L'esercizio della filologia non può essere distinto dalla vita e dalla politica, per me è la sostanza stessa della vita e della politica.

In pratica che significa?
Faccio un esempio: c'è un passo di Virgilio che si trova in due o tre lezioni diverse. La filologia deve essere in grado di identificare quella giusta. Non si arrende di fronte al possibilismo ma appura la verità possibile cercando di distinguere tra la verità e l'errore. Oggi viviamo, invece, in un relativismo assoluto, mentre è necessario considerare la verità come un punto di arrivo che può mutare. La filologia è nata dai conflitti di religione, dalla lotta per  leggere e interpretare i testi alla luce della pura ragione. La filologia mostra come la verità sia relativa e storicamente condizionata, , ma ciò è ben diverso dal relativismo che mette tutte le verità possibili, accostate l'una all'altra, sullo stesso piano in modo indifferenziato. Le verità delle acquisizioni filologiche sono vere come sono vere quelle della fisica. Non è vero che tutte le idee abbiano la stessa dignità. Non possiamo difendere o adattarci all'infibulazione in nome della verità di una determinata religione. 

Come è nata l'idea del libro?
E' nata da una richiesta di Sergio Pannocchia che voleva un mio libro tra quelli editi da Il Grandevetro. Ho pensato di raccogliere alcuni scritti biografici su personaggi e ho aggiunto alcune pagine inedite. Ordinarli è stato per me una elaborazione travagliata. Sono riuscito a trovare una conclusione solo nel 2012.

Perché "da Nausicaa a Adriano Sofri"?
E' per segnare un arco temporale. Nausica è il personaggio più antico che si trova nei poemi omerici. E' la figura più dolce: chiede e dà amore senza neanche averlo conosciuto. Sofri è il personaggio più recente, un intellettuale raffinatissimo, un eroe contemporaneo gettato nella polvere. In qualche modo sono entrambi dei perdenti. Alla storia di Sofri c'è anche una partecipazione perché l'ho sentita come una brutta lesione alla nostra storia civile e democratica. Ai tempi di Lotta Continua aderivo al Pci, un partito totalmente estraneo al settarismo dei gruppi extraparlamentari, ma quando Sofri è diventato un dannato è scattato il bisogno di difenderlo.

E' centrale il suo rapporto con la politica...

Della politica come forma di vita indubbiamente, ma non come appartenenza ad un partito. Mi sento di appartenere all'area della sinistra storica quella che ha radici nella storia del movimento operaio e che ha certamente fondamenti scientifici nella conoscenza economica e strutturale della società, ma per me essere di sinistra ha anche un fondamento passionale che si traduce nello stare dalla parte dei più deboli. Non c'è un'adesione, la parte politica emerge nell'empatia che ho verso "i senza storia".

Il libro è composto da due volumi: il primo ha come sottotitolo "Donne, pittori, eroi, animali e gente senza storia", il secondo "Maestri e compagni". E' una divisione per tipologie di persone?
Il primo volume è più variegato e meno approfondito storicamente, è più vicino ad un racconto poetico. Ci sono personaggi letterari, persone semplici, gli affetti, la famiglia, "i senza storia". Ma c'è anche un capitolo sulla categoria "donne", su donne del passato, dal Medioevo al Settecento. E' curioso come in quei secoli emergano donne di una grandezza intellettuale impressionante. Nel secondo volume ci sono pochi personaggi, ma tutti studiati storicamente con ricerche d'archivio: i miei maestri e i miei compagni di strada.


Enrico Stampacchia
Fonte: http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=12959