indice

giovedì 22 novembre 2012

Il fiume si rise Ovvero quando Leonardo Da Vinci tentò di deviare il corso dell'Arno...e clamorosamente fallì. Intervista all'autore del libro

“...ma il fiume si rise di chi gli volea dar legge e seguitò a correr nel suo grand’alveo come prima.”   L'oggetto del "riso" narrato nel XVIII secolo da Antonio Muratori fu nientemeno che il grande Leonardo. Sì, proprio lui che tra i tanti meriti annoverò, suo malgrado, quello di allietare i pisani anche nello scherno. I tentativi di sconfiggere militarmente Pisa che si era ribellata al dominio di Firenze stavano fallendo. Così i fiorentini ne provarono di tutte anche quella di lasciare i pisani all'asciutto, senza il loro fiume. Il progetto di deviare  il corso dell'Arno da Riglione verso Stagno fu commissionato a Leonardo Da Vinci che, pur predisponendolo nei minimi dettagli, sbagliò i calcoli, fallì miseramente e il fiume "seguitò a scorrere nel suo grand'alveo come prima". Tuttavia da oggi "il fiume si rise" non è più solo una dotta citazione delle cronache settecentesche ma anche il titolo del  nuovo romanzo di Sergio Costanzo che ha come sottofondo storico proprio la vicenda nata in seguito alla discesa in Italia, nel 1494, del re di Francia Carlo VIII: la ribellione dei pisani al novantennale dominio fiorentino. Una delle prime guerre di popolo in cui per un quindicennio a fronteggiare un esercito di mercenari c'erano cittadini umili, i pochi pisani rimasti in città dopo quasi novant'anni di dominazione fiorentina. Una ricostruzione storica effettuata sulla base di cinque diversi documenti ricomposti come pezzi di un puzzle dall'autore. Il libro uscirà sugli scaffali delle librerie in occasione del Pisa Book Festival.
A presentare venerdì 23 novembre alle ore 18.30 presso la Sala Fermi del Pisa Book Festival il nuovo romanzo storico di Sergio Costanzo Il fiume si rise pubblicato da Linee Infinite Edizioni, oltre all'autore, il Sindaco di Pisa Marco Flippeschi e Renzo Zucchini. Un libro ricco di descrizioni della Pisa dell'epoca: urbanistica, vita quotidiana, storia locale e non solo fanno da sfondo alle vicende della famiglia del protagonista Clemente Biccoli e rappresentano anche un efficace strumento di conoscenza in quanto gli episodi storici si ricordano meglio se raccontati attraverso le vicende umane. Un grande regalo alla città di Pisa di cui parliamo con l'autore Sergio Costanzo che sta gia lavorando ad un nuovo romanzo storico sulla vita di Vincenzo Galilei, il padre di Galileo.

Dopo il successo di Io Busketo il romanzo sulla costruzione della cattedrale di Pisa un secondo romanzo storico su Pisa. Si passa però dal periodo di massimo splendore a quello di massima miseria. Un contrasto estremo, ma è una scelta voluta?No, l'intenzione non era quella di passare dalle stelle alle stalle. Ho voluto indagare e far luce su un periodo che io per primo conoscevo poco. E' stato un atto di rispetto nei confronti di Pisa. Tra l'altro ho cercato anche di capire il motivo per cui si nasce così antifiorentini.

Ragioni storiche soprattutto?
Sì e molto radicate. Pisa dopo essere stata conquistata, non militarmente ma con l'inganno, nel 1406 da Firenze subì un secolo e mezzo di barbarie e sopraffazioni. I fiorentini non l'avevano conquistata per dominarla economicamente, non erano interessati alle sue potenzialità ma solo a farla fuori, ad annientarla. Il loro primo provvedimento fu l'abolizione del diritto di approdo al porto per far morire la città. Sarà solo negli anni Sessanta del Cinquecento con il Granduca Cosimo I e la fondazione dell'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano che ci sarà una radicale inversione di tendenza. Così in occasione  della discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII nel 1494 per reclamare il regno di Napoli, osteggiata da Firenze, i pisani si ribellarono e iniziò una guerra d'assedio che durò quindici anni.

E' qui che inizia la vicenda narrativa del tuo romanzo che in fondo è anche un'occasione per  aprire una finestra sulla storia, con largo spazio a descrizioni sulla topografia, sull'urbanistica e più in generale sulla vita a Pisa in quel periodo...
Quello è stato un periodo di passaggio. L'azzeramento delle case torri stava già dando a Pisa l'aspetto odierno. La dominazione fiorentina non aveva lasciato intatta la struttura della città nel periodo di massimo splendore.  Nella narrazione ci sono rimandi a quello che i fiorentini hanno fatto nel corso della dominazione. A volte erano gli stessi pisani esuli che incendiavano le proprie case per non dover pagare le tasse a Firenze.  

La tua scelta è però, come già in Io Busketo, anche un modo per valorizzare la storia delle persone più umili e non solo quella dei grandi personaggi...
Nella storia sarebbe giusto parlare di quei milioni di persone di cui non si parla mai. Quando ci fu bisogno il popolo si mosse e divenne protagonista. Con questo libro volevo scrivere un libro pisano e partigiano. Anche da questo punto di vista non è casuale la scelta del contesto storico. E' proprio in quello  del mio nuovo romanzo che è preminente l'importanza degli umili. Con la dominazione fiorentina, che ha fatto emigrare tutte le grandi famiglie, se non fossero rimaste le famiglie povere Pisa avrebbe fatto la fine di Cartagine. Non ci sarebbe stata più storia pisana. Anche nella storia di Busketo c'è tanta storia di popolo ma è nella sofferenza che si misura la forza di un popolo.   

Il contrasto che hai messo in evidenza è anche quello della lotta tra un esercito fiorentino di mercenari ed uno di popolo. Così facendo si può dire che hai voluto inquadrare questa guerra tra pisani e fiorentini in un contesto che va ben al di là dei confini di una storia eminentemente locale? Sì, basti pensare che Niccolò Macchiavelli, il responsabile militare della guerra contro Pisa, in un carteggio con un amico esprime un giudizio di apprezzamento nei confronti dei pisani in quanto hanno capito come sia importante per la difesa l'esistenza di un esercito di popolo. Così colui che è considerato il padre fondatore dell'esercito italiano, sposa talmente tanto l'organizzazione dei pisani che proprio su tale modello riesce a creare battaglioni di coscrizioni. 

C'è un'altra differenza rispetto al tuo romanzo precedente: l'unico documento storico che avevi a disposizione era la lapide sepolcrale nel Duomo, mentre in questo caso hai fatto emergere documenti poco conosciuti. Tra questi ci sono stati anche degli inediti?
I documenti non erano inediti, ma molto frammentari perché su di essi non era mai stato fatto un lavoro. Per me è stato come ricomporre tanti pezzi di un puzzle. La storia di queste vicende non si conoscevano molto. Per fortuna sul periodo della guerra tra e pisani fiorentini ho potuto lavorare su cinque documenti.

Quali?
I due più importanti sono le cronache  di Giovanni Portoveneri e quelle di Carlo Vaglienti, un commerciante di origine fiorentine. Vaglienti non capisce i motivi di questa guerra, per le sue origini subisce dei torti e racconta gli avvenimenti con giudizi negativi. Fortunatamente per motivi sconosciuti ci ha lasciato giorno per giorno tracce di quel che è successo. Ci sono poi i giornali degli accampamenti militari che documentano tutti gli scontri e che sono quello fiorentino, quello veneziano e le lettere di Macchiavelli. Nel romanzo poi lo stesso episodio viene rivisto interpretato e riproposto in cinque modi diversi.

Contrasti e diversi punti di vista sono una chiave di lettura fondamentale nel tuo romanzo. Perché? 
Quando scrivi un romanzo storico ti riferisci soprattutto alla relazione umana. In questo romanzo volevo descrivere i sovvertimenti delle regole durante il tempo di guerra. E' quindi un libro che parla di contrasti, di spiriti combattuti tra il senso del dovere e l'aspirazione ad una vita normale. Anche all'interno della famiglia i contrasti sono all'ennesima potenza.

E della Pisa di oggi cosa ne pensi? Vedi qualche miglioramento? Si sta iniziando a riappropriare anche della sua identità storica?Si sta andando verso una tendenza a riscoprire le identità e questo avviene anche grazie a opere in via di realizzazione come la risistemazione dell'antica cinta muraria. Pisa, però, continua a soffrire di una mentalità che non ama il rischio. Anche tra i cittadini c'è un forte senso di deresponsabilizzazione che probabilmente deriva dal lungo periodo di sudditanza al dominio fiorentino. Siamo seduti su un tesoro che però è un baule chiuso. La stessa piazza del Duomo non è abbastanza valorizzata. Cosa fanno i pisani per quella piazza? Si tratta di avere più spirito di iniziativa. Io  e Silvia Piccini, guida turistica dell'Opera del Duomo, abbiamo organizzato per domenica prossima un esperimento dal titolo "Io Busketo e la mia cattedrale". Si tratta di una visita alla cattedrale preceduta da un escursus sulla piazza. L'appuntamento è alle 15.30 davanti al museo delle Sinopie.  

Parlaci dei tuoi progetti di scrittura per il futuro: hai qualche altro romanzo storico in cantiere?
Sì, sto già scrivendo un romanzo sulla storia di Vincenzo Galilei, il padre di Galileo. Volevo scrivere qualcosa su Galileo bambino, così ho deciso di dedicare il libro al padre che fu un grande musicista e un grande scienziato. Nello scrivere il libro il buon temperamento del clavicembalo Vincenzo Galilei ha scoperto l'uso dei logaritmi tre secoli prima della loro evidenziazione sul piano matematico. Questo nuovo libro nasce anche da una mia passione per la musica classica. L'idea è comunque quella di raccontare più storie pisane prendendo spunto da figure storiche importanti ma poco conosciute. Sottolineo il termine raccontare perché abbiamo perso quella capacità di affabulare e di ascoltare, magari anche attraverso quella trasmissione orale che facevano gli anziani. Il ritmo lento nella narrazione storica può ridonare questo tipo di conoscenza. E' più amabile e se l'episodio si racconta attraverso le vicende umane ti colpisce di più.
Enrico Stampacchia
Fonte:  http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=12173

Nessun commento:

Posta un commento