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mercoledì 23 maggio 2012

Presentazione all'Arsenale della monografia su Gianni Toti

Protagonista della videoarte internazionale, scrittore, giornalista, poeta, partigiano, cineasta, inventore di linguaggi e di interferenze feconde fra pagina e schermo, impegno sociale e avanguardia. Per ripercorrere l’itinerario artistico di Gianni Toti (Roma, 1924-2007), dalla vicenda umana ai linguaggi e all’impegno intellettuale, è uscita  la monografia, pubblicata da Ets, Gianni Toti o della poetronica a cura di Sandra Lischi studiosa e storica delle arti elettroniche all'Università di Pisa e collaboratrice per alcuni anni dello stesso Toti, e Silvia Moretti, perfezionanda alla Scuola Normale Superiore e studiosa dei rapporti fra letteratura, televisione e video.
Il volume, che mercoledì 23 maggio alle ore 18.00 sarà presentato, con proiezioni di video,  al cineclub Arsenale da Stefania Stefanelli, della Scuola Normale Superiore, e Italo Moscati, regista e protagonista della sperimentazione RAI, e dalle curatrici,  raccoglie una molteplice varietà di scritture e si presenta in modo molto creativo anche sul piano grafico ed editoriale. Il libro, che rappresenta la prima monografia sull’autore della poetronica, contiene testimonianze e documenti inediti con scritti, oltre che di Lischi, Moretti e dello stesso Gianni Toti, anche di Anna Barenghi, Michel Chion, Marco Maria Gazzano, Ando Gilardi, Mario Lunetta, Marc Mercier, Italo Moscati, Rossella Rega, Tarcisio Tarquini, Giuseppe Zagarrio.
Considerato in tutto il mondo come uno dei padri delle arti elettroniche, Toti conia il termine “poetronica”  per indicare la “poesia elettronica”. L’attività di produzione video di Toti si intreccia, nei suoi esordi, con la realizzazione di una struttura Rai, il “Servizio Programmi Sperimentali”, fondata nel 1968 e trasformata nel 1976 in “Settore ricerca e sperimentazioni programmi”. L’obiettivo era quello di sviluppare, in assenza di specifiche direttive aziendali e di adeguate risorse, linee di ricerca improntate alla sperimentazione e studi sul linguaggio e sulla comunicazione televisiva in rapporto al colore, alla musica, alla scienza, alle arte figurative, alla poesia. In quest’ultimo ambito trovarono spazio le proposte di Toti.
In uno degli scritti della monografia Anna Barenghi sostiene che con la sua prima opera video Per una videopoesia del 1980 Toti coglie le potenzialità creative dell’elettronica. Il suo scopo non è semplicemente quello “di trasporre per la Tv poesie esistenti”, ma di creare poesia con il mezzo video trovando nel linguaggio elettronico e nelle sue specificità, poco utilizzate nella normale comunicazione televisiva, le figure per il proprio discorso poetico. La trasfigurazione di parole e forme è in sintonia con la musica come in una “sinfonia visiva”. Nel primo dei successivi Tre videopoemetti Toti con una voce sottoposta ad alterazioni sonore, recita più volte il sonetto Voyelles di Arthur Rimbaud. Le suggestioni cromatiche del poeta francese sono riprodotte nella lettura anche attraverso la deformazione elettronica delle cinque vocali.
L’itinerario creativo di Toti non si esprime solo nell’utilizzo di mezzi tecnicamente più evoluti. Come sottolinea Sandra Lischi “negli anni Ottanta Toti diventa un maestro di sperimentazione in elettronica internazionalmente conosciuto, premiato, celebrato (più all’estero che in Italia) tra i pionieri più radicali e più colti del panorama video”. Tuttavia per Lischi la lezione più alta di Toti sta proprio nella poetica e nella pratica artistica “della compresenza e dell’assunzione “totale” dei linguaggi”.
In uno degli scritti pubblicati nella monografia Marco Maria Gazzano sostiene che per Toti “la possibilità tecnica odierna di intervenire, per mezzo delle apparecchiature elettroniche sia di ripresa che di montaggio, all’interno dei singoli frames (gli equivalenti elettronici del fotogramma d’ascendenza fotografica e filmica) fino a raggiungere le più piccole unità di luce che compongono l’immagine e a ristrutturarle, impone un cambiamento di prospettiva radicale nei confronti dell’immagine: che da ri-prodotta e ri-conoscibile diviene finalmente “producibile” e “conoscibile”. (…) La possibilità elettronica di produrre immagini ad alta velocità (…) avvicina la capacità delle macchine di suggerire immagini a quella del cervello”. Così l’autonomia della macchina, dell’elaboratore elettronico è “più una illusione ottico percettiva che un’autentica realtà” e da un punto di vista espressivo “il lavoro di sperimentazione delle nuove macchine non può essere azione solo da tecnici ma anche da poeti”. 

Enrico Stampacchia

martedì 15 maggio 2012

Pisa al Salone del Libro di Torino. Se il bue si riconosce dalle corna l’uomo lo si riconosce dalla parola

“Parole, parole, parole…” Non è esattamente l’inno nazionale, ma sul piano del costume poco ci manca. Si dice anche “parole al vento”, si intende parole non supportate da fatti. Ma se la conoscenza della nostra tradizione, specialmente quella politica, proverebbe facilmente l’esistenza di parole senza fatti, che dire del contrario? Possono esistere fatti senza parole? “Immediatamente dopo il loro accadere i cosiddetti fatti esisteranno solo se qualcuno li sostanzierà con le parole. Tutto il lungo passato della nostra umanità è costituito da fatti, ma nessuno esisterebbe per noi se qualcuno non li avesse racchiusi in scrigni di parole in grado di conservarli“. Nel suo nuovo libro Detto fatto, sugli usi e sugli abusi delle parole appena pubblicato da Edizioni Ets e presentato in questi giorni al Salone internazionale del libro di Torino, Piero Paolicchi, già docente di psicologia sociale all’Università di Pisa, afferma che se il bue si riconosce dalle corna l’uomo lo si riconosce dalla parola e indica come per il senso comune e le scienze umane “le parole possono essere pietre con cui colpire, bisturi con cui curare, vessilli dietro cui far muovere intere masse”. Capirle vuol dire conoscere la loro storia, ma anche interrogarsi sul "cosa sta facendo" e non solo sul "cosa sta dicendo", significa capire chi le pronuncia, il "pulpito da cui viene la predica". Per capire meglio i fatti è necessario interrogare “le parole con cui sono narrati”.
Un viaggio nel mondo sempre meno frequentato delle parole dove l’autore alterna i registri del saggio scientifico erudito con quelli dell’ironia e del parlare popolare. Storie singolari ma interpretabili solo sullo sfondo delle vicende a cui va incontro ogni linguaggio diffondendosi e modificandosi, arricchendosi o impoverendosi. Le patologie determinate nella nostra lingua dai moderni modi di comunicare vedono in televisioni e cellulari i veicoli primari di contagio. Tuttavia come i giochi di parole sono spesso anche giochi di potere così l’imbarbarimento e l’impoverimento linguistico si accompagnano sempre a quello culturale e morale.
Paolicchi ci ricorda che “il patrimonio di cultura a cui tutte le parole contribuiscono, non possono essere lasciate sulla bocca e nella testa, dei molti o pochi che le usano, le abusano o le accantonano in un dato momento sulla base di mode casuali e momentanee, ma deve essere protetto in quel mondo più indipendente dagli scambi comunicativi che è il mondo della scrittura”. Così se si parla e si ascolta per esigenze del momento, si scrive sempre per il dopo. Messaggi che potranno essere recepiti “anche dopo giorni, anni o secoli”.
Enrico Stampacchia

lunedì 14 maggio 2012

Pisa al Salone del Libro di Torino I racconti dell’arcipelago di Strindberg tradotti per la prima volta in italiano

“Un contributo fondamentale non solo nei confronti della letteratura europea, ma anche del teatro, dell’arte, della pittura, del cinema e della fotografia”. Maria Cristina Lombardi, traduttrice anche del premio Nobel Tomas Tranströmer, sottolinea come al teatro scandinavo dello scrittore e drammaturgo svedese Johan August Strindberg (1849-1912) si siano ispirati tra gli altri Sigmund Freud ed, esplicitamente, il regista cinematografico Ingmar Bergman che “ha modellato spesso nei suoi film le relazioni uomo donna sui rapporti di coppia descritti da Strindberg”. Scultura, pittura, fotografia, chimica, alchimia, teosofia, la vita di Strindberg fu rivolta anche a discipline non direttamente attinenti al profilo letterario di un autore che si sviluppa seguendo in gran parte l’andamento della sua vita privata, dai fallimenti familiari al coinvolgimento nelle controversie politiche. Lontano dalla dimensione convenzionale del tempo e del vivere, Strindberg era convinto che le opere di uno scrittore riflettessero la vita dello scrittore stesso.
Per il centenario della sua scomparsa Felici Editori pubblica i suoi racconti giovanili, i Racconti dell’Arcipelago tradotti per la prima volta in italiano da Lombardi e presentati al Salone internazionale del libro di Torino sabato 12 maggio.
Usciti a Stoccolma tra il 1880 e il 1881 in una raccolta presentata dallo stesso autore, queste opere giovanili presentano già caratteristiche linguistiche e tematiche che anticiperanno le opere successive dello scrittore svedese. Il linguaggio colloquiale e di facile accessibilità lo distinguono da molti suoi contemporanei. La crisi dell’individuo e il suo drammatico confronto con la società borghese come il conflitto tra la città e la campagna, la civilizzazione e la natura sono tra i temi ricorrenti nei suoi testi sulla vita nell’arcipelago di Stoccolma, dove Strindberg trascorse molto tempo. Il suo amore per quelle isole, che durò tutta la vita, pervase la sua prosa ma anche i suoi dipinti.
Enrico Stampacchia
Fonte:http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=10409

venerdì 11 maggio 2012

La matematica tra storia e numeri: oggi la collana della Normale alla fiera del Lingotto

Opere rare per un pubblico colto. Edizione cartacee e digitali di testi della tradizione matematica italiana difficilmente reperibili o non ancora pubblicati in un’edizione moderna sono proposte dalla collana Mathematica delle Edizioni della Normale. La nuova collana ha pubblicato alcuni tra i più significativi autori con l’obiettivo di spaziare dal Medioevo al primo Novecento, e verrà presentata venerdì 11 maggio alle ore 11 dal presidente delle Edizioni Michele Ciliberto al venticinquesimo Salone del libro di Torino.
Euclide vendicato da ogni neo è il primo volume della collana ed è dedicato alla figura del matematico Gerolamo Saccheri (1667-1733). A presentare una delle opere fondamentali di Saccheri è Vincenzo De Risi. Un saggio introduttivo illustra la genesi e la fortuna dell'opera divenuta, al di là delle intenzioni del suo autore, una sorta di atto fondativo delle ricerche sulle geometrie non euclidee.
Viaggio astronomico e geografico nello stato della Chiesa (1750-1752) di Ruggiero Giuseppe Boscovich (con introduzione di Luigi Pepe e traduzione e note di Stefano Franchini) è stato pubblicato in occasione del terzo centenario della nascita dell’autore (1711-1787), considerato tra i più autorevoli scienziati della sua epoca. Non solo il suo valore scientifico ma anche quello letterario è considerato di particolare rilievo.
Logica demonstrativa di Gerolamo Saccheri è l’ultima opera pubblicata dalla collana Mathematica.
Fu Giovanni Vailati, agli inizi del secolo scorso, a richiamare l’attenzione su quest’opera del 1697. Per lungo tempo la rarità del testo e il ruolo attribuito alla regola logica della cosiddetta consequentia mirabilis, ne fecero un’opera di culto, che molti citavano ma che pochissimi avevano letto. Collocata per la prima volta nel contesto storico-culturale che le fu proprio, la nuova edizione dell’opera di Saccheri permette di comprendere il legame con la tradizione logica del tempo, finora in gran parte inesplorata. Il testo, a cura di Massimo Mugnai e Massimo Girondino, tradotto in italiano, è supportato da documenti sulla vita e l’attività filosofico-teologica di Saccheri.
L’introduzione e le note consentono di orientarsi in una dottrina, che ha costituito per secoli lo standard dell’insegnamento della logica nella cultura occidentale.
E’ prevista l’uscita del quarto volume della collana La Logica matematica di Cesare Burali Forti (1861-1931).
Enrico Stampacchia